venerdì 27 dicembre 2013

La bilancia: stereotipo allegorico e fortuna letteraria

L'eccezionale funzionalità della bilancia e la sua intrinseca carica di suggestione, ha fin dalle origini stimolato la fantasia dell'uomo, cristallizzandosi in una lunga serie di immagini e stereotipi allegorici e in una straordinaria fortuna letteraria. 

Attributo tradizionale di Dio, questo strumento paradigmatico di equilibrio è così divenuto l'inconogramma antonomastico della giustizia divina e umana, della legge, dell'uguaglianza, della moderazione, del giudizio, della ragione, del bene e, in antico, anche delle deità mitologiche che simboleggiavano queste qualità (Temi, Astrea, Dike e, a volte, Minerva, Giunone e lo stesso Giove).
Astrea - Colonna della Giustizia,
Castiglione delle Stiviere (Mantova)
Statua di Temi (Themis),
Università di Chuo-Giappone
Dike-Lady Justice, Dublino

Ma la bilancia è anche la rappresentazione iconografica della maestà imperiale, dell'equità, dell'imparzialità e perfino del dubbio e dell'alternativa (il piatto può infatti pendere da una parte come dall'altra) nonché dell'ipocrisia. 

Dante (Inferno, XXIII, 102) paragona appunto gli ipocriti a bilance che cigolano sotto i pesi. 



Più concretamente la libra alludeva un tempo anche all'arte della mercatura: la si ritrova infatti graffita in antiche lapidi per indicare la professionalità di commerciante del defunto; spesso in molte vecchie raffigurazioni, la sommità del perno è ornata con la testa di Mercurio che, come nume delle attività di scambio, era preposto alle misure e ai pesi. 

In alcune medaglie romane di epoca imperiale tre dee con la bilancia e una cornucopia stavano invece a simboleggiare la moneta

Porta la bilancia pure l'Arcangelo Michele, sia come giustiziere degli angeli ribelli, sia per pesare le anime dei defunti sottoposti al giudizio supremo. 


San Michele Arcangelo trionfante su Satana, Fiorenzo di Lorenzo, fine del XV secolo
Anche Allah, come si legge nel Corano (XXI, 47), al momento della risurrezione, per valutare i meriti e le colpe dei suoi credenti, userà la bilancia così sensibile in grado di indicare perfino il peso di un granello di senape.

Nell'antico Egitto, era Osiride a misurare le anime dei morti; la libra venne inoltre prescelta dagli antichi Egizi come emblema del segno zodiacale che dà inizio all'autunno e del relativo equinozio proprio per sottolineare l'uguaglianza fra la durata del giorno e della notte. 


Thot, lo scriba, registra il risultato della pesatura del cuore di Ani. Dal papiro di Ani.

A tale riguardo vale la pena di ricordare che per lodare l'equità di Augusto, Virgilio nelle Georgiche gli predice che dopo l morte avrebbe occupato il segno della Bilancia (proemio delle Georgiche vv. 34-35)

Omero, sempre per restare in tema di reminescenze classiche, nell'VIII libro dell'Iliade (vv. 88) pone una bilancia in mano a Giove che la usa per decidere i destini dei Greci impegnati nell'interminabile guerra di Troia.



Ma essa è anche stata protagonista della storia, quella autentica, quando i Romani, assediati nel 390 a.C. dai Galli in Campidoglio, dovettero pesare su una bilancia 1000 libbre d'oro pretese come tributo dagli invasori per ritirarsi dalla città. Famoso resta l'episodio che vide alla ribalta il condottiero gallico Brenno, il quale, alle proteste dei Romani per le irregolarità commesse durante le operazioni di peso, gettò la sua spada su uno dei piatti, pronunciando la celebre frese: "Guai ai vinti!".
Brenno, capo dei Galli, e Marco Furio Camillo, dopo il sacco di Roma.
Va infine segnalato che la bilancia venne pure adottata come proprio emblema dalla camorra napoletana: un aspetto, questo, certamente curioso e di attualità che offre un'ulteriore dimostrazione del fascino straordinario esercitato dall'apparecchio.

Fonte

Giancarlo Roversi; Cesare Bianchi; Mauro Bini, "La bilancia: un simbolo, un'arte, una storia di uomini" il Bulino, Modena, 1983

Nessun commento:

Posta un commento